Il mio voto per Elly Schlein
Verissimo, in questi anni sono rimasto deluso, smarrito, incredulo e per di più sulle spalle il peso di una storia che mi ha portato, in oltre cinquant’anni, ad attraversare il mare tempestoso della mia appartenenza alla sinistra. Quante falle nella navigazione anche se, sino a oggi, il vascello non è naufragato. Ora siamo di fronte all’ultima chiamata. Provo un dialogo con me stesso che alimenta la memoria, lo stupore, le riflessioni sull’odierno e su ciò che ci nasconde, ci interroga, ci preoccupa, quanto ci dà speranza. Cerco di guardare avanti, restituire leggerezza alle mie inquietudini, a questo essere strappato da me stesso. Una giovane donna si candida per fare la segretaria. Aperta e inclusiva, innervata da radicalità e passione. Alternativa alle politiche fino ad oggi condotte dal PD. Dice no a una sinistra che si genuflette dinanzi ai profeti della diseguaglianza, della precarietà del lavoro, della privatizzazione dei beni comuni, o del realismo del vendere armi o finanziare i lager per migranti in Libia e negare una verità essenziale: ogni persona è una storia, nessuna persona è illegale. Nessun regolamento di conti ma una linea chiara, da mettere al centro dell’iniziativa politica: il lavoro, la sua precarietà, il suo futuro, il disagio di fette consistenti di popolazioni di fronte alle nuove povertà e alla domanda di salute, la mancanza di prospettive. L’unità che da sola non basta se non c’è discontinuità, se manca un progetto di cambiamento, se non si apre un’altra fase, se la scala delle priorità non si rovescia. Una bella iniezione di fiducia mi è arrivata dall’ ascoltare questa giovane donna. Dal suo sguardo, dagli occhi che diventano lucidi quando parla di una politica a cui bisogna dare una nuova dimensione anche etica e culturale. Sulla sua riscoperta non come mito o come orizzonte irraggiungibile, ma come consapevolezza della propria vita, come la più grande passione laica, come costruzione di una nuova soggettività. Come uno sguardo più profondo attraverso il quale leggere le cose e quindi agire. Come fusione con la vita, come storia in atto. Ma soprattutto non c’è sinistra che possa permettersi di guardare al futuro senza ricostruire i valori e le ragioni di un nuovo “umanesimo”. Nuove culture dei diritti e dei doveri, nuova idea della cittadinanza. E, prima di ogni altra cosa, il diritto e la dignità del lavoro. Sento finalmente un nuovo orizzonte e nuove parole della sinistra: calde, vere, emozionanti che danno un senso a una speranza di un paese diverso.

Tito Barbini