Di Tito Barbini

Sdegno o indignazione?
Non intervengo ormai cosi spesso nel dibattito politico e sulle scelte (mancate) della sinistra ma questa vicenda della candidatura di Berlusconi al Quirinale mi inquieta profondamente e mi indigna. Mi indigna il modo in cui viene affrontato. Si usano parole come “candidatura divisiva” “non opportuna” da parte dei partiti del centro sinistra. Da parte della destra “del tutto legittima” quando addirittura “patriottica”. Sono indignato, come cittadino di questa Repubblica e al di fuori di qualsiasi idea o appartenenza politica. Ma uno che è condannato in via definitiva per truffa allo Stato, uno che si è messo in casa un capomafia, uno il cui braccio destro è condannato per corruzione in atti giudiziari in processi che riguardavano interessi di lui medesimo, uno il cui braccio sinistro è stato condannato per partecipazione esterna ad associazione mafiosa, uno che era l’utilizzatore finale di fanciulle gestite da magnaccia, uno che ha comprato parlamentari… Uno così è il contrario del profilo del patriota. O mi sbaglio? Non sdegno ma indignazione. Lo sdegno lo vediamo alle televisioni e sui social, è quasi lo sport nazionale: è rabbiosa reazione di un individuo contro l’altro, si nutre di rancore e se ne intossica, è sputo in faccia e gogna invocata. È il fare di tutta l’erba un fascio: fa tutto schifo, siete tutti uguali, noi siamo tutti buoni e voi siete tutti cattivi. Pratica da sudditi, in definitiva, che si credono cittadini. L’indignazione è assai diversa, esige chiarezza e coraggio, è percezione consapevole di ciò che non va e bisogna cambiare. Pratica faticosa e coraggiosa, l’indignazione, perché ci chiede di pensare a una etica superiore e non può essere piegata ai giochi politici.