È giovane piazza Sant’Agostino oggi. Giovani e giovanissimi in maggioranza, ma anche meno giovani, si sono raccolti in uno dei centri della nostra città per protestare contro la tagliola che ha affossato il DDL Zan in Senato.
Giovani arrabbiati perché la politica li ha traditi nuovamente. Giovani che dovranno continuare a temere violenze, aggressioni e discriminazioni perché la politica italiana ha deciso, utilizzando il voto segreto, di non continuare la discussione del DDL Zan, nota anche come legge contro l’omobitransfobia, la misoginia e l’abilismo.
Una legge che, parliamoci chiaro, avrebbe solo fornito diritti e tutele. Una legge giusta che avrebbe tutelato quei soggetti che spesso subiscono violenza fisica e verbale, discriminazioni ed esclusione.
Una legge su cui tanto è stato detto per mera propaganda.
Teoria gender! Vogliono indottrinare i nostri figli! Vogliono toglierci la libertà di espressione!
Quante volte abbiamo letto queste frasi? Quante volte è stato tirato in ballo il diritto, sacrosanto, di espressione?
Eppure è stato ripetuto, più e più volte, che il DDL Zan non avrebbe mai eliminato il diritto di espressione a voi né a nessuno, ma avrebbe evitato che tali espressioni potessero spingere a discriminare o a commettere violenza contro una grande comunità che include, ma non si limita a, le persone LGBTQI+, le donne e le persone con disabilità.
Visto che a voi piacciono le frasi fatte, ripetute, ormai “trite e ritrite”, ricordate che “la vostra libertà finisce dove inizia quella degli altri”.
La vostra libertà di espressione finisce quando questa arriva a colpire, con violenza fisica e verbale, la libertà degli altri. Chi pensa che la legge Zan possa ledere la propria libertà d’espressione, dovrebbe, in primis , pensare quale sia questa sua espressione, quali siano le parole usate e come queste, come fendenti, possano ferire altre persone.
Sono stati molti gli oratori in piazza con interventi volti a spiegare chi avrebbe tutelato la legge Zan. C’erano oratori e oratrici del mondo LGBT, del mondo femminile e del mondo della disabilità. Realtà che hanno perso, per l’ennesima volta, l’opportunità di essere tutelate. Disabili con leggi depositate da anni e ormai dimenticati. Famiglie arcobaleno che, con il compromesso sulla legge Cirinnà, hanno perso diritti. Mondo LGBT che si è visto tradito dalle numerose promesse elettorali fatte dai vari partiti. E, infine, la comunità transgender, le persone non-binary e intersex, coloro che sono stati usati come “merce di scambio” dai partiti di destra. Coloro che non sarebbero dovuti essere all’interno della legge Zan perché il termine “identità di genere” poteva essere, a detta loro, pericoloso. La comunità più discriminata non doveva essere tutelata… insomma, un paradosso.
Hanno cercato di metterci l’uno contro l’altro, sperando che una delle tre categorie accettasse una vera e propria amputazione pur di far passare la legge. Hanno ottenuto il contrario: nessuno ha fatto, né farà, un passo indietro. Nessuno può togliere i diritti ad un’altra persona, nessuno deve essere escluso. I diritti sono di tuttə, per tuttə.
Non era una festa arcobaleno, con unicorni e colori. Era una manifestazione a cui partecipavano persone deluse, arrabbiate, volto di un’Arezzo che si “incazZAN”, realtà di una generazione tradita dalla politica, una politica sempre più distante dal mondo giovanile, sempre più lontana dalla realtà e dalla vita di tutti i giorni.
I colori non sono comunque mancati. I volti truccati, le bandiere arcobaleno e dell’orgoglio trans, ma soprattutto, ad essere colorati, erano gli occhi di quei giovani, ancora pieni di colori e speranze per un futuro in cui la loro esistenza, il loro essere e la loro vita avranno valore, un futuro in cui non saranno più discriminati. Un futuro inclusivo, dove la politica, finalmente, li tutelerà e li ascolterà.