Di Francesco Giommoni

Un altro Festival della Canzone Italiana è terminato e come ogni anno non mancano le polemiche. Data la natura più social di quest’edizione, i social network sono diventati la piazza migliore su cui discutere le performance degli artisti che si sono esibiti.

Ma, ahimè, il Festival di Sanremo riesce sempre a far parlare di sé per gli interventi dei vari ospiti, dal cachet troppo alto all’abbigliamento poco consono. Vi è poi una categoria che, nonostante l’impegno, proprio non riesco a capire: coloro che ogni serata devono scrivere che non seguiranno il Festival. Se mi potete spiegare perché sentano una necessità così impellente di scriverlo, ve ne sarei grato.

Tornando a noi, quest’edizione del Festival ha trovato due argomenti su cui milioni di italiani hanno avuto la necessità di esprimersi: l’utilizzo del femminile di direttore d’orchestra e lo show di Achille Lauro.

Aggiungerei, se permettete, un argomento passato più in sordina ma pubblicato quotidianamente da alcune testate giornalistiche, ovvero le scollature e gli spacchi delle cantanti e delle ospiti del Festival. Sì perché ancora vi sono migliaia di uomini che abboccano al clickbait per vedere lo scollo di una donna. Poi mi raccomando, oggi tutti in fila dai fiorai per acquistare mimose.

Mi sono dilungato, chiedo venia. Il vero tema di cui vorrei parlare è lo show di Achille Lauro. Dal mondo politico, dal mondo social e un po’ anche dai discorsi che sicuramente avremmo potuto sentire in un qualsiasi bar della città se solo non fossimo stati in zona arancione, sono partiti messaggi contro l’oscenità di tale spettacolo. Un’imposizione della teoria gender, uno sperpero di denaro pubblico per incentivare l’anormalità o addirittura una domanda: se è veramente necessario uno spettacolo atto a manifestare la propria sessualità nonostante ciò non sia richiesto.

Ammetto che a me lo spettacolo di Lauro non ha particolarmente entusiasmato, le sue canzoni e le sue prestazioni nel canto non mi hanno colpito e mi sono principalmente concentrato sui costumi e sulle coreografie. Pure queste non mi hanno fatto impazzire e giuro che il bacio dato al suo chitarrista a malapena l’avevo visto. Il giorno dopo mi sono alzato e come ogni bravo ragazzo della mia generazione ho letto un po’ di notizie sulla mia bacheca Facebook. Apriti cielo e spalancati terra. Blasfemia, anormalità, istigazione all’omosessualità e chi più ne ha più ne metta. Ho staccato e mi sono messo a leggere il mio libro e nel frattempo ho capito perché lo show di Lauro, non richiesto e non voluto, invece doveva proprio essere lì, doveva essere mostrato in Eurovisione.

In un paese avanzato come piace considerarci, in particolare a certi esponenti politici, il bacio di Achille Lauro sarebbe passato inosservato così come sarebbe passato inosservato il bacio tra Maria e Mario. Ma in Italia no. In Italia dobbiamo scandalizzarci dell’esistenza di persone “diverse” o, come a volte vengono definiti “anormali”. In Italia un uomo e una donna hanno il diritto di potersi baciare in diretta TV perché commuove e provoca empatia tra la popolazione ma due donne o due uomini non devono avere lo stesso diritto. L’Italia è stato l’ultimo paese occidentale ad accettare, con le condizioni più limitanti, le unioni civili tra coppie dello stesso sesso perché il termine matrimonio non può essere usato, ci mancherebbe. L’Italia è quel paese in cui i genitori di centinaia di bambini non hanno diritto ad essere riconosciuti come tali. L’Italia è quel paese dell’Europa occidentale dove uomini e donne sono costretti a nascondersi perché a loro l’amore non è consentito. Perché un sentimento come quello dell’amore potrebbe distruggere l’onore della famiglia e della società in cui vivono. Esistono paesi come la Spagna, i Paesi Bassi e le nazioni scandinave dove la discriminazione è pressoché inesistente e la maggior parte dei diritti, se non tutti, sono accordati alle persone LGBT. Abbiamo paesi come il Lussemburgo in cui il Primo Ministro Xavier Bettel è  apertamente gay così come lo è l’ex Taoiseach (Premier) Leo Varadkar in Irlanda.

Non appena la Chiesa si è minimamente aperta alle persone LGBT, ecco che i partiti più credenti e praticanti si schierano contro il papa e la chiesa stessa.

L’Italia è quel paese in cui un bacio tra due uomini a Sanremo ha suscitato reazioni che ci hanno rimbalzato al 1300, tanto la Peste c’è già lì fuori così almeno il quadro è completo.

Con lo show di Achille Lauro, la Rai finalmente ha capito che la società si evolve e si è dimostrata meno bigotta del pubblico che lo segue. Una nota positiva considerando che nel 2016 la Rai incappò in alcune lamentele da parte dello staff di “Le Regole del Delitto Perfetto”, una serie da molti definita troppo politically correct, in cui tra i protagonisti c’è una coppia gay. La serie fu trasmessa su Rai 2 ma la scena di sesso gay, solo quella ovviamente, fu censurata. Ora una serie che tratta di omicidi, morti orribili e dolorose intervallate da continue scene di sesso può davvero essere censurata per una scena dove due uomini hanno un rapporto sessuale sapientemente nascosto dalle lenzuola? Sì, in Italia è possibile.

Lo spettacolo di Achille Lauro era bello? De gustibus.

Lo spettacolo di Achille Lauro era necessario? Assolutamente sì. L’Italia e soprattutto gli italiani devono iniziare a realizzare che la comunità LGBT esiste e non si fermerà finché tutti i diritti che le spettano le verranno accordati, come già avviene da anni in numerosi altri paesi europei. Il fatto che non si sia parlato di altro se non di un bacio gay è la più chiara e palese dimostrazione che non siamo pronti e che per necessitiamo ancora di anni per evolverci. Quindi, a coloro che si sono scandalizzati, dico: mettetevi l’animo in pace. Se non sarà Sanremo sarà qualche altro programma, sarà la vita di tutti i giorni ma, piano piano, diventerà la vostra quotidianità.

La “normalità” che intendete voi non esiste e per fortuna, direi. Nella vita abbiamo bisogno di novità, di arte, di colori e di libertà. Quella vita color grigio topo non si può vedere.